IL RAMO RUBATO
“Nella notte entreremo
a rubare
un ramo fiorito.
Passeremo il muro,
nelle tenebre del giardino altrui,
due ombre nell’ombra.
Ancora non se n’è andato l’inverno,
e il melo appare
trasformato d’improvviso
in cascata di stelle odorose.
Nella notte entreremo
fino al suo tremulo firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E cautamente
nella nostra casa,
nella notte e nell’ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e con i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.”
Pablo Neruda
Gentile pubblico, buonasera.
Il tema della serata è la stagione dei fiori, la primavera che, come tutti sappiamo, ha inizio proprio oggi. Partendo dall’inverno faremo un percorso attraverso miti e tradizioni che ci porterà all’essenza piu vera dell’equinozio di primavera Il filo conduttore è La Grande Madre Terra una divinità femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie note, in cui si manifestano la terra, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino.
Il culto della Grande Madre risale ad epoche preistoriche, e segna il volgere delle stagioni, ma anche la domanda dell'uomo di rinascere come il seme rinasce dalla terra.
Io sono Madre Terra.
Il mio potere è nell’acqua, nelle pietre, negli animali, nelle colline, negli alberi, nei fiori.
Templi, abitazioni, ceramiche, statuette, portano evidenti tracce del mio culto.
In esse sono incisi o dipinti semi, boccioli, germogli, uova, crisalidi e segni acquatici come rappresentazione della rinascita e rigenerazione, del mio divenire e della mia trasformazione.
Sono colei che foggia ogni cosa in cui palpita il soffio della vita.
Lungo le generazioni, le mie “competenze” si sono moltiplicate in diverse divinità femminili e questa sera mi vedrete personificata per esempio in Demetra, Persefone, Venere, Flora.
Inno Orfico: Profumo di Natura
O Natura, dea madre di tutto, madre dalle molte risorse,
operosa, augusta, signora,
domatrice di tutto il mondo,
indomita, timoniera, tutta splendente,
onnipotente, sempre onorata, doni gloria,
tu sola non partecipi di nessuno,
padre di te stessa, gioiosa, grandissima,
fiorente, guida, regolatrice,
portatrice di vita, fanciulla che tutto nutri,
custode dell'etere, della terra e del mare,
amara ai dappoco ma dolce a chi ti obbedisce,
di tutto sapiente, tutto doni, di tutto sovrana,
Tu di tutto sei padre, madre, nutrice e allevatrice,
beata, ricca di semi, impulso delle stagioni,
aiuti tutte le arti, plasmatrice, molto costruisci,
eterna, che produci il movimento,
ti trasformi continuamente ,
dal bel trono, onorata, che sola compi ciò che è stato deciso,
fra coloro che portano lo scettro in alto la più potente cupa tonante,
intrepida, che tutto domi, sorte destinata, spirante fuoco,
vita eterna e provvidenza immortale;
tutte le cose sono tue; tu sola infatti tutte queste cose produci.
Ma, dea ti supplico nelle stagioni felici
di portare pace, salute, abbondanza di tutte le cose
DANZA UNGHERESE N. 5 - Johannes Brahms
Durante l’inverno madre terra riposa e si prepara per il nuovo rifiorire.
Il freddo e il buio prolungato delle giornate invernali hanno sempre suggerito all’uomo l’idea della morte. L’ansia che ne derivava si traduceva in forme rituali, le quali avevano la funzione di esorcizzare l’evento funesto e di favorire o addirittura provocare la rinascita. Per questa ragione il periodo che precede o segue l’equinozio di primavera è uno dei più ricchi di feste, cerimonie, credenze e miti.
“Inverno” – Dafydd ap Gwilym
Pungente è il vento,
nuda la collina,
difficile trovare rifugio.
Fango sul guado,
lago ghiacciato,
un uomo si sente perduto.
Onda contro onda
Battono la spiaggia,
nessuno può resistere al freddo.
Freddo è il fondo del lago
Dopo il tumulto d’autunno,
canneto ingiallito, gambi spezzati.
Vento feroce, scheletri d’alberi
Proiettano al cielo
Nudi rami morti.
Nella breve sera
Alberi piegati
Su magri animali-
Cade la neve,
bianca superficie,
colori senza calore.
Bianca la brina,
freddo acuto,
erba come vetro.
Neve sul ghiaccio,
vento tra le canne,
lago e cielo si fondono.
Neve copre la valle,
vacche magre,
cavalli prigionieri.
LARGO dal Concerto op.8, n.4, “Inverno” – Antonio Vivaldi
Riti del fuoco e di purificazione
Quando si avvicinano i tre giorni della merla (ultimi giorni di gennaio) è importantissimo combattere, con la massima decisione, il male dell’inverno e corteggiare il bramato avvento primaverile.
Bisogna stabilire una relazione favorevole fra l’uomo e la potenza rigeneratrice della natura. Tale potenza veniva personificata in una figura mitica, attribuendole denominazioni come “madre del grano”, nonna, vecchia, strega e da noi soprannominata Gioebia.
è insomma il momento di bruciare e di cacciare con tutte le energie il male che il vecchio comporta, affinché lasci il posto a quelle del bene.
“La runa delle streghe” – Doreen Valiente
Scura notte e chiara luna
Ascoltate delle streghe la Runa.
Nord e sud, oriente e occidente
giungi a me immediatamente.
Per le forze in terra e in mare
devi ora a me obbedire.
Bacchetta e amuleto, coppa e spada
ascoltate la mia parola vaga,
totem, coltello, spago e incensiere
prendete vita al mio volere.
Per le forze della stregata lama
giungete ora, l’ordine chiama.
Regina d’inferno o del chiaro cielo
manda in tuo aiuto a me che lo anelo.
Brillante Orione, della notte signore
tu solo, potente, mi puoi esaudire.
Per le forze in terra in mare
come io voglio, così s’ha da fare
Per il potere di luna e sole
Saranno esaudite le mie parole.
BALLO IN FA DIESIS MINORE - Angelo Branduardi
“Ardi fuoco, gorgoglia caldaio!” da “Macbeth” – Atto IV, Scena Prima - William Shakespeare
Tre volte il gatto-tigre ha miagolato.
Tre volte e una il riccio ha mugolato.
L'arpia grida: È l'ora, è l'ora.
Torno torno al caldaio girate gettiamoci viscere avvelenate!!!
Tu, nel sonno preso, rospo che trentun dì e notti sudasti tosco sotto un freddo sasso, primo bolli tu nel magico pentolone.
Raddoppia, raddoppia lavoro e travaglio, ardi, fuoco, gorgoglia caldaio!
Filetto di serpe d’acqua, bolli e cuoci nel paiolo, occhio di tritone e dito di rana, pelo di pipistrello e lingua di cagna, dardo di vipera e aculeo d'orbetto, zampa di lucertola e ala d'allocco, per una malia di potente travaglio, bollite e gorgogliate, infernal guazzabuglio.
Raddoppia, raddoppia lavoro e travaglio; ardi, fuoco, gorgoglia caldaio.
Scaglia di drago, dente di lupo, mummia di strega, ventricolo e imbuto dello squalo che i mari devasta, barba di cicuta nel buio divelta, fegato d'empio circonciso, fiele di capra, rametto reciso di tasso all'eclissi di luna; naso di Turco e labbra di Tartaro, dito di strangolato pargolo partorito in un fosso da una mala fanciulla, fate la poltiglia densa e grassa:
aggiungi di tigre una ventraia fra gli ingredienti della caldaia.
Raddoppia, raddoppia, lavoro e travaglio; ardi fuoco, gorgoglia caldaio!
si freddi col sangue d'un babbuino, e l'incanto è saldo e genuino.
Oh ben fatto! Lodo la vostra arte, del guadagno ciascuna avrà parte.
Ed or cantate intorno al secchio come fate e folletti in un cerchio, incantando quel che c’è lì dentro.
STRIDE LA VAMPA da “Il Trovatore” Atto I – Giuseppe Verdi
Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio iniziavano altri riti per rendere benevole la forza di Madre terra. In questa occasione i Celti festeggiavano la festività detta di Imbolc che scandiva il tempo intermedio fra buio e luce e celebrava ritualmente l’arrivo della primavera.
Lo spirito vitale della primavera si accende infatti in segreto mentre l’inverno, con il suo manto di freddo e di neve, ancora copre la terra.
C’è un proverbio che illustra molto bene lo stato di maternità di Madre Terra in questo periodo che recita “sotto la neve pane, sotto la pioggia fame” : i semi stanno per germogliare sottoterra, la coltre di neve invece funge proprio da coperta e li protegge, mentre pian piano iniziano a nascere nel suo grembo.
Come nella terra, anche nello spirito umano germoglia la corrente vitale e la speranza.
GABRIEL’S OBOE dal film “Mission” – Ennio Morricone
Eccoci al 2 febbraio, alla “Candelora”, l’antichissima ricorrenza della “Purificazione della Madonna”, di origine orientale che gia prima dell’anno Mille veniva solennizzata con processioni notturne di candele e lumi.
Per la gente di campagna era giunto il momento di decidere i tempi e i luoghi per le semine primaverili, con il rischio sempre incombente di sbagliare e di rovinare così il lavoro di tutto l’anno.
Era bene perciò raccomandarsi alla protezione della Vergine e far benedire in chiesa le candele da conservare, poi, tra le mura domestiche.
I ceri portavano con sé non solo il senso della luce data dal Verbo, ma, ancora una volta, quello dell’espiazione e delle aspettative favorevoli per la stagione primaverile.
Uno dei proverbi più conosciuti legati a questa festa dice:
“A la Madonna de la Zerioeula de l’inverno semm fora, ma se pioev o tira vent per quaranta dì sam dent”
Anche il sole di febbraio era temuto:“Chi voeur fa’ crepa’ la miée, ra meta foeura al su da febrée”
A febbraio, la luce che è nata al Solstizio di Inverno comincia a manifestarsi: le giornate si allungano poco alla volta e anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza. Questo era il più difficile periodo dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica ad immaginare.
Ascoltiamo come gli antichi greci immaginavano il risveglio di Madre Terra.
Io sono Demetra, sono la "portatrice di stagioni", sono la dea del grano e dell’agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra verde.
Il dio dei morti Ade rapi dalla terra mia figlia Persefone e la portò nel suo regno. La vita sulla terra allora si fermò e solo Zeus riusci convincerlo a renderle la libertà. Ma prima di lasciarla andare, Ade la spinse con un trucco a mangiare quattro semi di melagrana magici, che l’avrebbero da allora costretta a tornare nel mondo sotterraneo per quattro mesi all’anno. Quando riuscimmo a riabbracciarci, la terra ritornò a fiorire e le piante crebbero rigogliose, ma per quattro mesi all’anno, quando Persefone è costretta a tornare nel mondo delle ombre, la terra ridiventa spoglia e infeconda.
La sparizione ed il ritorno di mia figlia Persefone, vengono ricordati a febbraio con cerimonie che simulano la morte mistica di Madre Terra e poi - con canti e balli - la sua rinascita che porta in sé la fecondità e la generazione.
SALTARELLO – Vincenzo Galilei
I° LIBRO DEI BALLI - Giorgio Mainerio
Siamo giunti al 21 marzo, equinozio di primavera, apertura ufficiale della stagione più dolce dell’anno.
L'Equinozio di primavera è il momento dell'uguaglianza del giorno e della notte, quando le forze della luce sono in fase di
crescita.
La Grande Madre risorge in tutta la sua forza in un caleidoscopio di luci, colori, profumi, canti, doni.
“ALLEGRO”, Tema principale - dal Concerto in Mi maggiore, op.8, n.4 “La Primavera” – Antonio Vivaldi
Giunt'è la Primavera e festosetti
la salutan gl'augei con lieto canto,
e i fonti allo spirar de' Zeffiretti
con dolce mormorio scorrono intanto:
vengon' coprendo l'aer di nero amanto
e lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti
Indi tacendo questi, gl' augelletti;
tornan' di nuovo al lor canoro incanto:
E quindi sul fiorito ameno prato
al caro mormorio di fronde e piante
dorme 'l Caprar col fido can' à lato.
Di pastoral zampogna al suon festante
danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato
di primavera all' apparir brillante.
La primavera - Sandro Botticelli: commento all’opera
Soffermiamoci ora ad osservare questo famoso dipinto di Botticelli che rappresenta LA PRIMAVERA.
L’opera, manifesto dell’epoca rinascimentale, ha una natura allegorica.
Si legge da destra a sinistra.
Pertanto i personaggi rappresentati da Botticelli sono:
Zefiro che personifica il vento; egli è preso da amore per la ninfa Cloris, vuole possederla. L’amore di Zefiro trasforma la ninfa in Flora, dea della fioritura: ella si veste di fiori, come tutta la natura in questa stagione.
Al centro del dipinto vi è poi Venere, che rivolge il palmo della sua mano verso le tre Grazie che ballano. Venere rappresenta l’Amore, come se fosse un asse attorno a cui tutto gira.
Sopra Venere c’è Cupido che scocca una sua freccia verso le tre Grazie, colpendo Castità che viene subito presa da amore per Mercurio.
All’estrema sinistra del dipinto si trova il messaggero alato, che con il suo bastone, si fa largo tra il fogliame per scoprire cosa c’è al di là del fitto bosco.
Egli rappresentatosi la ricerca della Conoscenza.
"Ora chiamata Flora, ero in realtà Clori, la lettera
greca del mio nome fu guastata dalla pronuncia latina.
ninfa dei campi felici dove hai udito
che in passato ebbero la loro dimora uomini fortunati.
Dire quale sia stata la mia bellezza, sarebbe sconveniente
alla mia modestia: ma fu essa a trovare come genero per mia madre un dio.
Era primavera, vagavo; Zefiro mi vide, cercai di allontanarmi;
m'insegue, fuggo; ma egli fu più veloce.
E Borea, che aveva osato rapire la preda dalla casa di Eretteo,
aveva dato al fratello piena licenza di rapina.
Tuttavia fa ammenda della violenza col darmi il nome di sposa,
e nel nostro letto non ho mai dovuto lamentarmi.
Godo d'una eterna primavera; è sempre splendido l'anno,
gli alberi hanno sempre le fronde e sempre ha pascoli il suolo.
Possiedo un fiorente giardino nei campi dotali,
l'aria lo accarezza, lo irriga una fonte di limpida acqua:
il mio sposo lo ha riempito di copiose corolle, e ha detto:
"Abbi tu, o dea, piena signoria sui fiori"
Spesso io volli contare le loro specie,
ma non vi riuscii: il loro numero superava il conteggio."
ROMANZA DELLA VILJA - da “La vedova allegra” – Franz Lehar
“ALLEGRO” da: Sonata in Fa Magg. - Georg Philipp Telemann
SON POCHI FIOR, Atto I, Scena III - L’AMICO FRITZ – Pietro Mascagni
All’inizio della primavera, l’aria è calma e tiepida; essa dà un senso di rilassamento, di estraniazione dai problemi quotidiani, dai pensieri turbolenti e ansiosi della stagione precedente. Le creature si destano e si rianimano colme di dolcezza e d’amore.
Cosi scriveva Lucrezio: “in primavera il cielo placato risplende di luce diffusa’, l’uomo e la natura, finalmente rinati alla loro condizione giovanile si liberano dolcemente dei loro passati affanni, riprendendo forza, colore, vivacità”.
ASCOLTIAMO COME LA MUSICA E LA POESIA RIESCONO A RAPPRESENTARE TUTTE QUESTE SENSAZIONI
“Primavera” – Dafydd ap Gwilym
Delizioso splendore di stagione!
Il rude vento d’inverno
fugge dalle verdi colline boscose,
sostituito da gioiosa brezza.
L’arpa del bosco suona melodie:
musica che porta perfetta pace.
Colori ricoprono le colline,
bagliori l’acqua del lago.
Cinguetta il pettirosso, accanito cantore.
Pura e alta la cascata canta
Un saluto allo stagno:
fruscio di canne.
In alto le rondini,
frecce di luce.
Suoni di vita sulla collina
Fra i teneri germogli.
Canta il coraggioso cucù.
Salta il pesce argentato
Come potente, veloce guerriero,
cacciando nel lucente ruscello.
Fiorisce il vigore dell’uomo,
onorando la gloria della terra:
ogni albero è florido da chioma a radice,
fiorente ogni grande, ricco campo.
Un pazzo ardore ti possiede:
corri sul tuo cavallo
dove i giovani giostrano!
Vento profumato tra i capelli e criniera.
Tra l’oro degli iris,
timida, fragile creatura
canta al colmo della voce,
l’allodola racconta una vecchia storia:
“Primavera sei eccellente nel tuo caldo abito fiorito!”
MINUETTO in Re Magg. – Wolfgang Amadeus Mozart
“Che dice la pioggerellina di marzo” – Angiolo Silvio Novaro
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?
Passata è l’uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia,
domani uscirà Primavera
guernita di gemme e di gale,
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d’ale,
di nidi,
di gridi,
di rondini ed anche
di stelle di mandorlo, bianche...
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?
Ciò canta, ciò dice:
e il cuor che l’ascolta è felice.
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto
APRILE – Francesco Paolo Tosti
“Le sedie dormono in piedi” – Nazim Hikmet
Le sedie dormono in piedi
anche il tavolo
il tappeto sdraiato sul dorso
ha chiuso gli arabeschi
lo specchio dorme
gli occhi delle finestre sono chiusi
il balcone dorme
con le gambe penzolanti nel vuoto
i camini sul tetto dirimpetto dormono
sui marciapiedi dormono le acacie
la nuvola dorme
stringendosi al petto una stella
in casa fuori di casa dorme la luce
ma tu ti sei svegliata
mia rosa
le sedie si sono svegliate
si precipitano da un angolo all’altro anche il tavolo
il tappeto si è messo a sedere
gli arabeschi hanno aperto i petali
lo specchio si è risvegliato come un lago all’aurora
le finestre hanno spalancato
immensi occhi azzurri
il balcone si è risvegliato
ha tirato su dal vuoto le gambe
i camini dirimpetto si son messi a fumare
le acacie han cominciato a chiacchierare
sui marciapiedi
la nuvola si è svegliata
ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
si è versata sui tuoi capelli
è colata tra le tue palme
ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
Sei così bella
tu, come il morbido prato dietro l'arcobaleno
nel meriggio silenzioso d'acqua e sole,
come l'increspamento della primavera
di fronte al sole dell'aurora
come l'avena fine del serraglio
di fronte al sole del tramonto dell'estate come i tuoi occhi verdi col mio sorriso rosso
come il mio cuore profondo col tuo amore vivo
Lascia colare il tuo bacio
come una fonte -
filo fresco nella tazza
del mio cuore!
Il mio cuore, poi, sognando,
ti restituirà, doppia, l'acqua del tuo bacio,
dal canale del sogno,
da sotto la vita.
E l'acqua del tuo bacio
- o nuova aurora della fonte!
sarà eterna,
perché il mio cuore sarà la sua sorgente.
MALIA – Francesco Paolo Tosti
“Primavera” – Vincenzo Cardarelli
Oggi la primavera
é un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi:
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce:
Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione.
Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
d'umori campestri.
Ebbra la primavera
corre nel sangue.
OUVERTURE in La Maggiore - Ferdinando Carulli (versione per pianoforte, flauto, chitarra classica di M. Meurat)
“Bella” - Pablo Neruda “Le tue mani” - Anonimo
Bella,
come nella pietra fresca
della sorgente, l'acqua
apre un ampio lampo di schiuma,
così è il sorriso del tuo volto,
bella.
Bella,
dalle fini mani e dai piedi sottili
come un cavallino d'argento,
che cammina, fiore del mondo,
così ti vedo,
bella.
Cosi ti vedo,
anima mia:
il sorriso del tuo volto
come il cielo di primavera,
i tuoi occhi neri
come l’immensità e la profondità del mare
trafitto dal primo raggio di sole a primavera,
una fiamma scintillante e ardente
il tuo corpo flessuoso.
Bella,
con un nido di rame intricato
sulla testa, un nido
color di miele cupo
dove il mio cuore arde e riposa,
bella.
Anima mia,
soprattutto le tue mani,
le tue mani, le tue mani, le tue mani
nei miei occhi, sulla mia pelle.
Le tue mani
tenere come una rosa appena sbocciata
delicate come una goccia di rugiada
candide come il sorriso della luna.
Le tue mani
leggere come un fiocco di neve
leggiadre come il volo di farfalla
vezzose come una fanciulla dai capelli sparsi al vento.
Bella,
gli occhi non ti stanno nel volto,
gli occhi non ti stanno nella terra.
Vi son paesi, vi son fiumi
nei tuoi occhi,
la mia patria sta nei tuoi occhi,
io cammino in mezzo ad essi,
essi danno luce al mondo,
dove io cammino,
bella.
Anima mia,
le tue mani
una sinfonia di note.
Le tue mani
Il mio corpo.
Un brivido dolce,
un brivido di estasi.
Un terribile piacere,
acuto, profondo
come il mio amore per te.
Bella,
non v'è nulla come i tuoi fianchi;
forse la terra possiede
in qualche luogo occulto
la curva e l'aroma del tuo corpo,
forse in qualche luogo,
bella.
Bella, mia bella,
la tua voce, la pelle, le tue unghie,
bella, mia bella,
il tuo essere, la luce, la tua ombra,
bella,
tutto è mio, bella,
tutto è mio, mia,
quando cammini o riposi,
quando canti o dormi,
quando soffri o sogni,
sempre,
quando sei vicina o lontana,
sempre,
sei mia, mia bella,
sempre.
Anima mia,
le tue mani
solo mie.
Se così non fosse,
vorrei dimenticarle,
essere sola con il mio cuore.
Non ricordare più nulla
Neppure le tue mani.
Trafitta dal primo raggio di sole a primavera
come una spade tagliente
(Unisono) Cosi non sarà:
le nostre anime per sempre illuminate
dalla bianca luna di primavera
che quasi si tocca
MATTINATA FIORENTINA - VOGLIO VIVERE COSÌ
PARLAMI D’AMORE MARIÙ - UN BACIO A MEZZANOTTE
I GIARDINI DI MARZO – Lucio Battisti
Il carretto passava e quell'uomo
gridava gelati
al ventuno del mese i nostri soldi
erano gia' finiti
io pensavo a mia madre
e rivedevo i suoi vestiti
il piu' bello era nero coi fiori
non ancora appassiti
all'uscita di scuola i ragazzi
vendevano i libri
io restavo a guardarli cercando
il coraggio per imitarli
poi sconfitto tornavo a giocar
con la mente e i suoi tarli
e la sera al telefono tu mi chiedevi
perchè non parli uh uh
che anno è
che giorno è
questo è il tempo
di vivere con te
le mie mani come vedi non tremano più
e ho nell'anima
in fondo all'anima cieli immensi
e immenso amore
e poi ancora ancora amore amor per te
fiumi azzurri e colline e praterie
dove corrono dolcissime
le mie malinconie
l'universo trova spazio
dentro me
ma il coraggio di vivere quello
ancora non c'è
i giardini di marzo si vestono
di nuovi colori
e le giovani donne in quel mese vivono
nuovi amori
camminavi al mio fianco e ad un tratto
dicesti tu muori
se mi aiuti son certa che io
ne verro' fuori
ma non una parola chiarì
i miei pensieri
continuai a camminare lasciandoti
attrice di ieri uh uh
che anno è
che giorno è
questo è il tempo
di vivere con te
le mie mani come vedi non tremano più
e ho nell'anima
in fondo all'anima cieli immensi
e immenso amore
e poi ancora ancora amore
amor per te
fiumi azzurri e colline e praterie
dove corrono dolcissime
le mie malinconie
l'universo trova spazio dentro me
ma il coraggio di vivere quello
ancora non c'è.
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Maria Arcuri soprano
Francesco Nizzolini flauto traverso
Rinaldo Enargelico chitarra classica
Ettore Bardelli pianoforte
Roberto Magistri sezione ritmica
Roberto Barra voce recitante
Chiara Ferraro voce recitante
Coordinamento di:
Alessandra Lazzari
Erminio Valerio Pizzinato