Mimosa
FESTA DELLA DONNA:



9 MARZO 2007 – ORE 21.00

SALA SERRA COMUNE DI ISPRA


Vogliamo subito illustrare il significato di questo incontro rivolto in particolare alle donne.

PERCHE’ LA FESTA DELLA DONNA E PERCHE’ PROPRIO L’8 MARZO?

L'8 marzo era originariamente una giornata di lotta, specialmente nell'ambito delle associazioni femminili: il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli. Tuttavia il vero significato di questa ricorrenza è andato un po' sfumando, lasciando il posto a connotati di carattere commerciale. E’ importante sottolineare che la Festa della donna deve essere sinonimo di conquiste sociali, politiche ed economiche.
Assai controversa è l'origine della festività; in Italia è molto diffusa un'ipotesi che la fa risalire al lontano 8 marzo 1908, quando a New York 129 operaie di un’industria tessile, in sciopero contro le terribili condizioni di lavoro, furono chiuse in fabbrica ed arse vive per un incendio forse doloso.
L'usanza poi di regalare mimose fu avviata nel 1946 dall’Unione Donne Italiane che stavano preparando il primo 8 marzo del Dopoguerra. Esse scelsero proprio questo fiore perchè bello, perché aveva il vantaggio di fiorire proprio nel periodo giusto e con il suo colore giallo esprimeva vitalità, forza e infine perché in quegli anni era facilmente reperibile a poco costo.

I Trovieri danno il loro benvenuto alle signore intervenute a questa serata con una
SERENATA di Franz Joseph Haydn.

Entriamo ora nel vivo della serata percorrendo attraverso musica, canto e letture il ruolo della donna e della sua bellezza nel corso dei secoli.
Il nostro itinerario sarà suddiviso seguendo la cronologia storica: dalle civiltà antiche al medioevo e rinascimento; si proseguirà il percorso attraverso il XVIII e XIX secolo per arrivare all’età moderna. Io vi guiderò via via in questo cammino.


SALTERELLO - Vincenzo Galilei

Nel mondo antico non esisteva l’idea di uguaglianza universale.
Il modello emblematico della vita di una donna dalle civiltà antiche fino al XVII secolo si può desumere da una epigrafe romana che recitava:
“Fu casta, si occupò della casa, filò la lana”.
Il ruolo della donna si identifica con quella di essere madre e le ragazze che non venivano date in moglie, venivano mandate in convento. La nascita di una bambina non suscitava la gioia che accompagnava la nascita di un maschio. L’educazione femminile era quasi totalmente trascurata.
Gli artisti medioevali però non tralasciano di dedicare le loro opere alla donna e alla bellezza femminile, all’amore e ai sentimenti che ella fa scaturire dal cuore.
A questo proposito vi presentiamo dapprima una deliziosa descrizione di bellezza muliebre tratta da un canto goliardico, poi una composizione poetica detta “pastorella”, dove un cavaliere seduce una fanciulla incontrata per caso ed infine una particolare immagine della donna come oggetto d’amore casto e sublimato, desiderata e irraggiungibile. Il poeta si fa vassallo seducendola platonicamente con le sue canzoni:

“Sensualità medioevale” Anonimo (XII-XIII secolo) - “Carmina Burana”

Greenleaves: meta dell’amore

Carmina Burana

“Ma non esiste gelo che possa raffreddare
l’amore, che è fonte di intimo calore e riesce
a ravvivare quanto il sonnacchioso inverno
ha intorpidito. Oh! Se almeno
volesse guarirmi con un bacio colei che si
compiace di trafiggermi il cuore coi suoi
dolci strali.
Gioiosa e amabile nel riso, attira a sé tutti
gli sguardi. Le sue labbra tenere e sensuali,
ma innocenti al tempo stesso, mi infondono
un’estasi sottile quando coi baci istillano
una dolcezza al miele; in questi momenti
mi sento quasi un dio!
La fanciulla mi aveva concesso di vederla,
parlarle, accarezzarla e infine baciarla;
mancava però ancora l’ultima e più dolce
meta dell’amore.

La fanciulla piange ed io bevo le sue Variazione pianoforte
lacrime dolcissime e sempre più brucio di passione.
I baci molli di lacrime hanno un sapore ancor
più dolce ed eccitano la mente a più intime
carezze. Sono travolto dalla passione
e la fiamma del desiderio si fa in me sempre
più ardente.
La fanciulla sfoga il suo tormento in singhiozzi gonfi di pianto
e non si lascia placare dalle mie preghiere.
Aggiungo preghiere alle preghiere
e baci ai baci;
mi guarda con occhi ora ostili ed ora quasi supplichevoli.
Ora lotta contro di me,
ora mi implora, e mentre la supplico
e l’accarezzo diventa ancora più sorda
alle mie richieste.
Lotto sempre di più,
l’abbraccio stretta fermandole le membra,
la bacio con passione.
La mia amata non mi respinge più ma, fattasi più calma,
mi dà baci dolci come il miele.


LA PASTORELLA musica del XVI sec. - testo di Angelo Poliziano

“E non è meraviglia s’io canto” Bernard de Ventadorn (Trovatore del XII secolo)

E non è meraviglia s’io canto
meglio di altro cantore,
quello che più di tutto trae il mio cuore
verso Amore,
e meglio sono pronto al suo comando.

Quando l'erba tenera appare e la foglia,
il fiore sboccia sul ramo,
e l'usignolo alta e chiara leva la sua voce e intona il suo canto,
gioia ho di lui e gioia ho del fiore,
gioia ho di me e più grande di Madonna,
da ogni parte sono dalla gioia chiuso e cinto,
ma questa è gioia che tutte le altre vince.

Mi meraviglio come possa durare a non dichiararle il mio amore.
Quando vedo Madonna e la rimiro,
i suoi occhi così bellamente l'adornano
che a stento mi trattengo dal correre verso di lei.
Tanto amo e pregio Madonna e tanto la temo e la servo,
che mai di me non ho osato parlarle,
e nulla le chiedo e nulla le invio.

Tutto l’oro e l’argento ch’è nel mondo
vorrei aver dato, se pur io l’avessi,
solo che la mia donna conoscesse
quanto io l’amo finalmente!
Per buona fede mia e senza inganno
io amo la più bella e la migliore.

Donna gentile, null’altro vi chiedo
Se non che mi prendiate a servitore:
vi servirò come un buon signore
quale sia il compenso che n’abbia.
Eccomi al vostro comando, creatura
Dolce e leale e gioiosa e cortese!


TEMA DI LEONETTA Angelo Branduardi


Nel RINASCIMENTO  si inizia a porre maggior attenzione all’educazione femminile. Nei ceti più bassi la sua condizione è sempre di netta subordinazione alla figura maschile, mentre nei ceti sociali alti la donna ha ora la possibilità di studiare e di condurre una vita più autonoma, sempre nei limiti imposti dalla morale di quel tempo.
Il rinascimento è un periodo di intraprendenza e di attività per la donna che nella vita di corte detta legge nella moda, si adegua allo sfarzo imperante, ma non si dimentica di coltivare la propria mente, partecipa attivamente alle belle arti, ha capacità discorsive, filosofiche.

Vi proponiamo ora alcuni passi dalla tragedia di William Shakespeare ROMEO E GIULIETTA Romeo sospira d’amore per la sua Giulietta a causa di rancori delle loro famiglie e intanto ammira la sua bellezza:


Silenzio! Qual luce irrompe laggiù da quella finestra?
Quello è l’oriente, è Giulietta, è il sole!
Sorgi, bel sole, e uccidi l’invidiosa luna,
che già inferma e impallidisce di dolore,
perché tu, che sei soltanto una sua ancella, sei tanto più bella di lei.
Licenziati dal suo servizio, dal momento ch’ella t’invidia tanto:
la sua livrea di vestale è d’un verde color malato,
e non l’indossano più altro che i dissennati.
Gettala via!
E’ la mia signora. Oh, è il mio amore!
Oh, s’ella potesse sapere d’essere l’amor mio!
Ella parla, eppur non dice nulla.
Come può accadere?
Son gli occhi suoi, a parlare, ed è a loro ch’io risponderò.
Ma io presumo troppo: non è a me ch’ella parla.
Due fra le più belle stelle di tutto il cielo, avendo che fare altrove,
supplicano gli occhi di lei di brillare nelle proprie sfere fino al loro ritorno.
E se i suoi occhi fossero laggiù, e le stelle fossero sul viso di lei?
Lo splendore delle sue gote svergognerebbe quelle stelle,
al modo che la luce del giorno fa onta a quella d’una lampada.
Gli occhi di lei in cielo lustrerebbero d’un tal splendore per le regioni dell’aria
che gli uccelli si darebbero a canatre credendo non fosse più notte.. “
Ve’, com’ella posa la sua gota sulla mano!
Oh, s’io fossi un guanto su quella mano,
così che mi fosse concesso di toccare quella gota!


ROMEO E GIULIETTA

CHE FARO’ SENZA EURIDICE da “Orfeo ed Euridice” - Claudio Monteverdi


Il XV - XVI secolo sono anche i secoli della cosiddetta “Caccia alle streghe”. La donna era una profonda conoscitrice delle piante, delle erbe e delle loro proprietà. Dalla natura le donne appresero conoscenze importanti per la sopravvivenza dell’uomo e delle quali sono state a lungo depositarie.
Ma queste conoscenze a poco a poco vennero mal interpretate e la donna guaritrice cessa di essere vista come una figura positiva e diventa il capro espiatorio della comunità: inizia cosi la “caccia alle streghe” dove tantissime donne vengono processate, torturate, arse sul rogo perché appunto ritenute streghe, cioè donne che avevano venduto la loro anima al diavolo per poter avere poteri magici.
La strega viene rappresentata come una contadina, anziana, vedova, orfana, brutta e nemica del genere umano.
A questo proposito vogliamo raccontarvi una leggenda dal titolo
“La campana benedetta” di COSTANZO RANCI tratta dalla sua raccolta “La sponda magra” ambientata a Barza:


La luna si levò da dietro il colle e nel silenzio, scoccarono a un campanile lontano i dodici tocchi della mezzanotte.
Tre ombre di tre streghe, incontrandosi ad un crocevia, si sprofondarono in goffi inchini.
Una di loro raccontò che per poco sarebbe finita arrostita tra le fiamme:
“Mi volevano far ballare l’ultimo ballo sul rogo! Maledetto ribaldo! Ma invece è lui ch’è morto dannato come un cane, e per mia vendetta! Lui, pugnalato a tradimento perché io l’ho voluto! E avrà finito di correre in caccia di femmine amorose! Ah! Ah! Ah! – e scoppiò in una risata feroce e tremenda.
-Chi era? Chi era? – strillavano le compagne eccitate e incuriosite.
-Chi era?- sghignazzo la megera e raccontò:

I° LIBRO DEI BALLI - Giorgio Mainerio (XVI SEC.)
“Voleva il sire di Castel Besozzo
la bella donna d’un suo valvassore;
perché l’amato gli donasse il core
chiamò la strega a fare il sortilegio.
Belzebù, Barbatos,Astaroth,
S’ebbe la donna. La strega in compenso
Venne cacciata a colpi di bastone:
per vendetta lanciò maledizione
e fece con il rospo il maleficio.
Belzebù, Barbatos,Astarot!,

Sul capo di madonna addormentata
Pose un diamante, il furbo valvassore
Ch’era in sospetto; il vivido splendore
Della gemma velandosi si spense.
S’appanna il diamante?
Amante o marito
La donna infedele
Di certo ha tradito.
Belzebù, Barbatos,Astaroth,

Ah,ah,ah…!

Quando il sire ancor tentò la sorte
Per giungere alla donna del suo amore,
un colpo di pugnal gli spaccò il core
né più fece ritorno al suo castello.
Abrasax, Eloim, Abracadabra
Ve lo dice la strega vendicata:
il bel sire mai più ritornerà!”


D’improvviso il frastuono cessò.
Un’ombra nera, staccandosi dal ramo d’una quercia,(gufo con tastiera) con volo silenzioso s’era venuta a posare nel centro del crocevia. Era un gufo (in realtà Belzebù) con due enormi occhi gialli e brontolò:
- Ho bisogno di voi! La chiesa di Barza ha una campana benedetta. Qualche santo deve averla fusa, qualche Angelo deve averle dato il suono. Il fatto si è che allo scatenarsi di una tempesta, la gente accorre in chiesa, suona la campana e più che la pioggia benefica non cade. Mai un chicco di grandine sono riuscito a lanciare su questo paese. Orbene, vogliamo giocare un brutto tiro a tutti?
- Sia fatto! Sia fatto Belzebù ! – strepitarono le megere.


LA ROTTA - danza medioevale italiana


Intanto all’alba, in casa del sacrestano Gaspare la moglie Caterina ebbe un diverbio perché voleva cacciare da casa la zia del sagrestano, che in realtà era una delle tre streghe.
Alla fine Caterina convinse Gaspare a recarsi dal signor curato, a raccontargli ogni cosa e ritornare con lui per una benedizione.
IL sacrestano trovò Don Zaccaria solo verso mezzodì, dopo aver avuto un incontro pauroso con la testa cornuta d’un caprone nero (in verità ancora Belzebù). Il curato stentava a credere alle sua parole perché Gaspare, per vincere la paura del caprone, aveva alzato un po’ il gomito, ma alla fine riuscì nel suo intento.
Il cielo nel frattempo, s’era rannuvolato; sopra le colline guizzavano i lampi e il tuono brontolava cupamente. Gaspare e Don Zaccaria procedevano a stento nella tempesta.
Ad un tratto videro un’ ombra che veniva verso di loro.
- La strega! La strega! – strillò Gaspare
Ma in realtà l’ombra non era altri che un giovanottone di nome Tonio, che stava cercando disperatamente il signor curato perché se non si fosse riuscito a suonare la campana al più presto, il raccolto sarebbe andato distrutto e la miseria avrebbe imperversato per quell’anno.
In un batter d’occhio giunsero alla chiesa, ma improvvisamente incominciò a cadere una pioggia di tegoli su tegoli che pareva si fossero scatenati tutti i diavoli dell’inferno.
Tonio tirò con tutta forza la fune della campana che però gli rimase tra le mani perché era stata tagliata. Si sentì l’eco di una risata sardonica. Ma Don Zaccaria non si scoraggiò e tutti insieme cercarono di afferrare la catena di ferro attaccata alla campana.
- Forza Gaspare, tira, tira!
Ma Belzebù, spiando all’interno del campanile aveva veduto la mossa dell’avversario e teneva ben salda con le braccia la campana.
Don Zaccaria, ormai sfinito, diede uno strappone inaspettato alla catena: Belzebù sentì il bronzo scivolargli dalle mani e in un attimo.. la campana squillò la sua voce (piano) nello spazio. Feroce, si precipitò dal campanile scomparendo nel bosco. Tonio potè sonare a distesa finchè la nubi furono disperse e Don Zaccaria dal sagrato benedisse il paese perché il demonio più non potesse turbarne la pace.
-Guardate, guardate laggiù! –esclamò il curato.
Tre vecchie megere fuggivano strillando inseguite da un omaccione nero e cornuto che, armato di randello, menava botte da orbi sulle schiene dell’una or dell’altra.
- Corri, corri cara zia! – urlò Gaspare . Corri sino all’inferno e non tornare mai più!- poi brontolò tra sé: - speriamo che stasera, quando racconterò questa faccenda, la Caterina la si convincerà. Benedetta donna! Non glielo dicevo sempre io che quella era una strega?!


STRIDE LA VAMPA da “Il Trovatore” Atto I – Giuseppe Verdi


Proseguiamo il nostro itinerario nel XVII - XVIII e poi XIX secolo dove la posizione della donna nella società, nonostante qualche maggior libertà, non cambiò di molto; per esempio le ragazze ricevevano ancora un’istruzione diversa da quella maschile. Persistevano ancora fondamentali differenze tra comportamenti di classe. Ancora difficilmente si concepisce una donna che non sia sposata e non abbia figli. Nel 700 aumentarono, rispetto al passato, le occasioni di partecipazione alla vita sociale per le ragazze di buona famiglia che avevano così la possibilità di incontrare il loro futuro marito ai ricevimenti, ai concerti. Si moltiplicano le donne intellettuali e non è raro incontrarle nei loro salotti che diventano centri di cultura alla moda. In questo periodo apparve una nuova figura al fianco delle donzelle nobili: il cicisbeo o cavalier servente che accompagnava la sua dama a passeggio, a tavola, in società, a teatro.
L’aspetto positivo dell’800 è dato dal sorgere dei movimenti di emancipazione per la rivendicazione dei diritti sociali e politici. Con l’avvento della produzione industriale sempre più donne lasciano il focolare domestico per andare a lavorare nelle fabbriche. Giornali, romanzi e riviste iniziano ad occuparsi del loro ruolo.


DANZE:
VALZER - Friedrich Kuhlau
DANZA TEDESCA - Wolfgang Amadeus Mozart
GIGA - Arcangelo Corelli


“O chioma bionda” - Federico Della Valle (XVII secolo)

O chioma bionda, o fronte ampia serena,
o neri occhi lucenti, anzi o due stelle,
o guance d’ostro e neve e fresche e belle,
o aria modestissima ed amena,
o bocca di rubin, di gemme piena,
o riso, o soavissime favelle,
o man di latte, o vaghe membra e snelle,
o figura in beltà più che terrena,
o nobil portamento e pellegrino,
o accorte maniere, o gran decoro,
o moto, o caminar quasi divino,
o novo spirto de l’empireo coro,
o nome dolce, o nume a cui m’inchino,
che dirò mai di voi? Taccio e v’adoro.


AL CAVALLINO - da “Al cavallino bianco” - Ralph Benatzky
LE SIRENE DEL BALLO - da “La vedova allegra” - Franz Lehar
E’ SCABROSO LE DONNE STUDIAR - da “La vedova allegra” - Franz Lehar



TRISH TRASH POLKA - Richard Strauss



L’AMOUR EST UN OISEAU REBELLE - Habanera da “Carmen” - Georges Bizet


XX SECOLO
Siamo giunti nell’età moderna e le tappe dell’emancipazione femminile si susseguono una dietro l’altra con un ritmo incalzante. Il ruolo della donna, nonostante ci sia ancora della strada da percorrere, è giunto ad avere un riconoscimento in tutte le società occidentali.
Voce recitante: proponiamo ora alcuni versi di Sibilla Aleramo a Dino Campana ed altri tratti dalla raccolta “Terra d’amore” di Alda Merini, una delle poetesse viventi più profonde del nostro secolo.


VILLA LOBOS


Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…

con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.

Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.

Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.

Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo.


Alda Merini (Terra d’amore)

Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti...
ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

Da ultimo vogliamo ricordare, con le sue stesse parole, un personaggio importante per le rivendicazioni femminili e per la storia del popolo argentino:
“Ho solo un’ambizione personale. Che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Peron, di me si dica questo: c’era al fianco di Peron, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore Evita”

La sua figura e la vicenda umana ha ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo della musica e del cinema e noi vi vogliamo proporre il tema della colonna sonora del film a lei dedicato: EVITA.


DON’T CRY FOR ME ARGENTINA


Prima della buonanotte I Trovieri vogliono rendere omaggio alle signore qui presenti e alla loro donna Maria con una serenata e con un pensiero di Jules Michelet:

“La natura le fa streghe. E’ il genio proprio della Donna e il suo temperamento. Ella nasce fata. Il ritorno regolare dell’esaltazione la fa Sibilla. L’amore la fa maga. La sua accortezza, la sua malizia (spesso capricciosa e benefica) la fanno strega ed ella scongiura i mali o almeno li sopisce, li elude. La donna gioca d’ingegno, di fantasia, crea sogni e dei. In certi giorni è veggente; ha l’ala infinita del desiderio e del sogno. La donna è tutto...”

VALZER - Johannes Brahms


ROSE DEL SUD - Richard Strauss
TARANTELLAGioachino Rossini
DANZA UNGHERESE N. 5Johannes Brahms




Torna al flyer





Maria Arcuri soprano
Francesco Nizzolini flauto traverso
Rinaldo Enargelico chitarra classica
Ettore Bardelli pianoforte
Renzo Dalle Fratte voce recitante

Coordinamento di:
Alessandra Lazzari
Erminio Valerio Pizzinato